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Pesce di città, tra baccalà, aringhe e acciughe

Scopri il cosiddetto pesce di città

Il pesce è sicuramente una componente essenziale dell’alimentazione umana. E fin dai tempi più antichi l’uomo ha imparato a conservarlo. Essiccazione, affumicatura e salagione consentirono di non far deteriorare il pesce e di facilitarne la diffusione, anche in luoghi distanti dal mare.

Ha trovato così declinazione in tanti piatti diversi il pesce di città, quello cioè che si trova comunemente nei mercati e nelle botteghe di tutti i centri abitati. Anche oggi che i moderni metodi di refrigerazione consentono al pesce di arrivare fresco a distanze a volte forti dai luoghi di pesca, quello conservato continua ad avere un suo consumo e tantissimi estimatori.

Il pesce
Il pesce "povero" della Toscana

A cominciare dal diffusissimo e apprezzatissimo baccalà: in Toscana la tradizione del venerdì viene ancora rispettata e non sono pochi i negozi di alimentari che lo vendono solo quel giorno, mentre nei mercati tradizionali è disponibile tutti i giorni dell’anno; molte le ricette che lo vedono protagonista, cucinato in tanti modi diversi. Il baccalà è un merluzzo pescato nelle zone più settentrionali dell’Oceano Atlantico e dell’Oceano Pacifico e poi sottoposto a salatura in paesi come Danimarca, Isole Fær Øer, Norvegia, Islanda e Canada.

Sembra che secoli addietro l’uso di sottoporre il merluzzo a questo tipo di conservazione sia stato mutuato dagli stessi procedimenti che venivano messi in uso per la carne di balena. Le ricette classiche lo vedono cucinato, dopo una frittura, nella salsa di pomodori, altrimenti cotto sempre in umido senza frittura, o grigliato. Intrigante la versione con i porri, confortante quella con i ceci, oggi viene anche proposto nella versione mantecata con olio EVO.

L’aringa invece è un pesce azzurro che vive anch’esso nei mari del Nord; alimenta nelle terre lambite da quelle acque una fiorente industria conserviera, perché solo in piccola parte le aringhe sono consumate fresche: sono soprattutto salate o anche affumicate o sott'olio. Nel primo caso virano verso un colore argenteo, nel secondo verso la doratura. Nelle abitudini alimentari contadine rappresentava fino ai primi decenni del ‘900 l’accompagnamento più abituale della polenta. Oggi è usata in alcuni antipasti o nelle insalate, a compensare il sapore dolce di altri ingredienti. Interessante la versione con le cipolle stufate per la preparazione dei crostini, oppure conservati i filetti sott’olio con carote, sedano, prezzemolo tritati. Ed eccoci ora tra alici, acciughe, sarde e sardine.

Burrata e Acciughe con crostini di pane toscano
Burrata e Acciughe con crostini di pane toscano

Alice e acciuga sono due nomi diversi che identificano lo stesso piccolo pesce; sarda e sardina sono invece i nomi di un pesce azzurro di dimensioni leggermente maggiori: il primo termine si usa quando il pesce è fresco, mentre con il secondo si identifica il pesce conservato sott’olio o sotto sale. Il sapore delle alici e delle sardine è simile, soprattutto dopo che hanno subito lo stesso procedimento di conservazione. Spesso usate come completamento di piatti dal gusto deciso come il paté dei fegatini per i crostini alla toscana, conservate sott’olio con prezzemolo per servirle con patate lesse o per la preparazione di una salsa chiamata “acciugata” utilizzata per accompagnare carne saltata o anche semplicemente per condire la pasta. D'altronde, una delle merende toscane per eccellenza è stata pane, burro e acciuga.

Pasta con sughetto di pesce
Pasta con sughetto di pesce

Per finire eccoci al salacchino: più che un pesce è il nome quasi leggendario, con le varianti saracchino, saraca o salaca, che viene dato nella tradizione contadina lombarda, veneta e toscana a varie tipologie di pesce azzurro come cheppie, papaline, ma anche sardine e soprattutto aringhe,  affumicate e messe sotto sale. Per mangiarlo il pesce viene fatto rinvenire nell’olio d’oliva e poi cotto alla brace o sulla piastra; tagliato a pezzettini, è il condimento ideale della polenta. Prima della cottura, nelle famiglie contadine di un tempo, povere e numerose, veniva appeso al soffitto con un filo per la coda, in modo che spenzolasse in mezzo alla tavola; i commensali, a turno, strofinavano le fette di pane o di polenta abbrustolita sul pesce e le intingevano nelle gocce d'olio, raccolte in un piatto sottostante. 

Anche se tempi sono per fortuna cambiati, il salacchino, le acciughe, le sardine, l’aringa e il baccalà continuano a piacere ancora tantissimo, forse anche perché si portano addosso sapori essenziali che sanno di antico e di economie familiari molto semplici.

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